Respirare significa essere all’unisono con la creazione, significa essere accordati con l’universale e con la sua eterna oscillazione. O molto più semplicemente significa prendere dell’ossigeno e liberarsi dell’anidride carbonica. Ma in questo semplice scambio due mondi si incontrano, si avvicinano l’uno all’altro, tentano di mescolarsi, di toccarsi: il mondo di fuori e il mondo di dentro.
(F. Léboyer, Per una nascita senza violenza)
Il mese di settembre per chi svolge una professione come la mia è sempre il più difficile a livello emotivo, perché l’attesa di conoscere come sarà organizzato il nuovo anno genera sempre una certa ansia. Uno dei sintomi più evidenti dello stato ansioso è sicuramente quello che comunemente chiamiamo respiro corto, cioè quella sensazione di blocco che ci impedisce di compiere in modo soddisfacente l’atto spontaneo del respirare. Per questo motivo ho deciso di dedicare il primo articolo del mio nuovo blog al respiro consapevole.
Innanzitutto, se riconosciamo come in questo caso che il nostro stato mentale ed emotivo ha delle conseguenze sul piano fisico, possiamo anche pensare che prendendoci cura del nostro corpo con ascolto, pazienza, costanza e fiducia, né gioveranno anche la mente e il cuore (qui inteso come sede delle emozioni).
La prima cosa da fare è tenere a bada la fretta di voler risolvere la situazione in tempi rapidi e godersi il percorso, con la curiosità di un bambino che osserva, per scoprire innanzitutto come funziona.
L’atto respiratorio avviene in modo riflesso e non necessita di una partecipazione cosciente, tuttavia possiamo comunque ascoltarlo e intervenire su di esso. Mettiamoci dunque supini e lasciamo agire il nostro respiro. Così facendo notiamo subito che quando inspiriamo il torace si dilata. Ciò avviene grazie ai muscoli intercostali esterni che permettono alle coste di sollevarsi, accrescendo così il volume interno della cavità toracica. Durante l’espirazione l’ampiezza del torace si riduce perché gli stessi muscoli a questo punto si rilassano.
Ciò che invece è più difficile notare subito dall’esterno è l’azione del grande protagonista dell’atto respiratorio che è il diaframma. In breve, si tratta di un grande muscolo a forma di cupola che divide il corpo sul piano trasversale collegando la colonna vertebrale, parte delle costole e la parte inferiore dello sterno (processo xifoideo). La sua composizione muscolo-tendinea lo rende sensibile allo stiramento ma allo stesso tempo gli permette di mantenere inalterata la propria forma. Durante l’inspirazione, si abbassa attraverso una contrazione, creando spazio interno e riducendo la pressione dell’aria, che per compensare viene risucchiata dall’esterno per riempire il vuoto ed espandere i polmoni. Sappiamo che l’aria entra dal naso e dalla bocca ma difficilmente siamo coscienti delle tappe del suo percorso, che dalla trachea scende lungo la parte anteriore del collo e si divide nei due bronchi principali situati dietro al manubrio dello sterno, per poi ramificarsi in parti sempre più piccole all’interno dei due polmoni, dove l’ossigeno viene assorbito dai vasi sanguigni.
Nella fase espiratoria il diaframma si rilassa e riprende la forma iniziale grazie alla sua elasticità, espellendo l’aria.
Tutto questo per dire che l’azione respiratoria crea parecchio movimento all’interno del corpo: oltre a quello muscolare e scheletrico, anche il cuore viene massaggiato dal movimento dei polmoni e del diaframma, così come ricevono una sorta di massaggio anche gli organi sottostanti ad esso.
Ora che siamo maggiormente consapevoli di ciò che accade al nostro interno, possiamo riprovare ad ascoltare il nostro respiro e notare che questo genera un movimento in tutte le direzioni, coinvolgendo molto di più di quanto si riesca a percepire attraverso un primo ascolto superficiale.
Per facilitare la pratica proviamo a riassumere quanto detto focalizzando l’attenzione su tre fasi respiratorie.
Chiamiamo respirazione addominale (o meglio diaframmatica) quella che possiamo sentire appoggiando le mani sulla pancia che si solleva e si espande in tutte le direzioni durante l’inspirazione (cioè quando il diaframma si contrae), per poi scendere fino a rientrare verso il basso con l’espirazione, grazie al rilassamento del diaframma e l’azione dei muscoli intercostali interni e quelli addominali.
La respirazione toracica è quella che, come abbiamo visto, è legata al movimento delle costole che si alzano e si espandono verso l’esterno durante l’inspirazione, per poi tornare nella loro posizione iniziale con l’espirazione. Possiamo riconoscerla facilmente appoggiando le mani ai lati della gabbia toracica.
Meno evidente è la respirazione clavicolare che solleva leggermente l’articolazione delle spalle e che possiamo provare a sentire posando le mani sulle clavicole.
La tradizione yogica regala una vera e propria pratica del respiro chiamata pranayama. Essa racchiude esercizi di respirazione basati sul controllo e il direzionamento dell’energia vitale (prana). In origine Prana era la Divina Madre e la respirazione aveva a che fare con lo Spirito e la preghiera. In quest’ottica il respiro è il collegamento tra l’uomo e il divino.
Le tecniche legate al pranayama nell’attuale visione antropocentrica vengono oggi comunemente utilizzate in funzione del benessere personale. Nonostante nella nostra società la dimensione spirituale abbia perso il suo significato, la meditazione è tornata ad essere una pratica diffusa e la respirazione cosciente è un ponte che permette di ritrovare l’unità corpo-mente-cuore. Nella quotidianità difficilmente la mente e il corpo sono nello stesso luogo: spesso mentre il corpo compie le sue azioni i pensieri tendono a portarci altrove, nel passato o nel futuro. Il respiro consapevole permette di incontrare la vita nel presente e di ritrovare equilibrio.
Il maestro zen vietnamita Thich Nhat Hanh ha diffuso la meditazione in Occidente grazie a pratiche di presenza mentale semplici e amorevoli. Per esempio egli ci invita a inspirare dicendo mentalmente “inspirando, so di inspirare” e di espirare ripetendo nella mente “espirando, so di espirare”. Possiamo semplificare le due frasi dicendo “in” e “out”. Questa proposta è molto semplice ma è sufficiente per tenere l’attenzione sul respiro e cogliere sin da subito con pochi minuti ogni giorno il frutto della meditazione.
Personalmente ritengo che la consapevolezza del proprio respiro sia una pratica che a lungo andare permette di fare spazio e di entrare in contatto con qualcosa che non conosciamo.
Come scrive Chandra Livia Candiani parlando del respiro, è necessario “avanzare con rispetto e avvicinarlo con cura, come faremmo con un essere selvatico rimasto a lungo solo.”
Dedicare del tempo ad ascoltare il proprio respiro è una pratica apparentemente semplice ma che nasconde in sé il segreto della vita. Gli antichi yogin dicevano che “chi respira profondamente è sempre felice”. Vale la pena tentare.
Riferimenti bibliografici:
Brahmachari A., Yoga, Emi, 1977
Candiani C.L., Il silenzio è cosa viva, Einaudi, 2018
Franklin E., Visualizzazione e movimento, Red ed., 1998
Hanh T.N., La pace è ogni passo, Ubaldini, 1993
Léboyer F., Per una nascita senza violenza, Bompiani, 1981
Olsen A., Anatomia esperienziale, Red ed., 2002
Stipo A., Il respiro, Promolibri, 1997