“Quando gli altri alberi ci fanno credere di essere morti, le conifere restano vestite di verde, ci rassicurano, ci aiutano a pazientare durante gli aspri mesi invernali.“
(V. Karche, I 12 insegnamenti degli alberi )
Da diversi anni ormai, inizialmente per cercare riparo da una realtà che talvolta fatico a riconoscere in quanto essere naturale, ho rivolto la mia attenzione al mondo vegetale, scoprendo in esso un comportamento organizzato, accogliente e altruista che non smette mai di sorprendermi. Attraverso la pratica della contemplazione, cioè un’osservazione aperta a tutti i sensi, qualsiasi spazio verde, anche in città, oggi per me è diventato non solo un luogo in cui godere di confortevoli pause di respiro ma un vero e proprio spazio di apprendimento in cui ricevere stimoli e insegnamenti, aprirmi a intuizioni e stupirmi delle piccole cose giorno dopo giorno.
Rimanere in contatto con la natura permette di uscire da quella bolla artificiale in cui l’essere umano si è abituato a vivere per godere del presente con maggiore consapevolezza e accogliere con serenità il passare del tempo, i cambiamenti naturali dovuti all’età e l’energia che riceviamo dall’ambiente. Personalmente nel verde mi sento restituita di quel senso di appartenenza perduto e riesco a ridimensionare ciò che accade riavvicinandomi al normale ordine delle cose.
Abbiamo già parlato della necessità di tesaurizzare energia nella stagione invernale (leggi -> Il tesoro dell’inverno ) e della difficoltà a farlo legata alla giostra quotidiana che ci costringe a mantenere ritmi incessanti di levatacce mattutine e giornate piene di impegni, mentre fuori gli alberi immersi nella nebbia ci osservano dal loro inerte silenzio, mostrandoci linee spoglie, essenziali e alleggerite dal peso della produttività.
In cerca di solidarietà possiamo allora rivolgere il nostro sguardo alle conifere, che – a parte il larice – sembrano sfidare la stagione invernale continuando a regalare ai nostri occhi il loro manto verde scuro. A differenza degli alberi che lasciano cadere tutte le foglie in autunno per rinnovarsi in primavera, le conifere si rinnovano continuamente in un tempo dilatato, discrete e silenziose, lasciando a terra aghi marroni che crocchiano sotto i nostri piedi nei sentieri di montagna ma anche nei parchi cittadini.
Nella mitologia simbolo di gioia di vita, perseveranza e capacità di adattamento, l’abete d’inverno ci accompagna come un amico fidato (non a caso nel periodo natalizio è nostro uso rivestirlo di addobbi e luci colorate) attraverso un movimento quotidiano che giorno dopo giorno contemporaneamente lascia andare e rinnova in modo discreto e silente, mostrandosi apparentemente sempre uguale, anche sotto la neve.
Chi ha la fortuna di poter fare un vero e proprio bagno di foresta (pratica ormai molto conosciuta proveniente dal Giappone con il nome di shinrin yoku ) in un bosco di abeti, pini o pecci, può ricevere un effetto tonificante. Ciò avviene in luoghi nei quali il paesaggio forestale è molto fitto, il ritmo del vento modifica continuamente ciò che vediamo costringendo il nostro cervello ad adattarsi a immagini sempre nuove e il cammino è ostacolato da un denso sottobosco.
Per chi si accontenta di passeggiate nel verde in città, personalmente amo stare tra i cedri dell’Himalaya, che spesso abitano nei grandi parchi urbani solitamente concentrati a gruppi di tre o quattro. Piccola, tra esseri altissimi, rimango per un tempo indeterminato con il naso all’insù, a guardare le fronde che danzano mosse dal vento, come un bambino che assiste a una conversazione che non comprende ma ne resta incantato.
Se la morte apparente dagli alberi caducifoglie ci invita a contattare il nostro spazio più profondo per preservare l’energia, la presenza della clorofilla anche in inverno infonde forza e incoraggia ad accogliere ma senza sovraccaricarsi e a proseguire il proprio cammino di vita ogni giorno cercando di portare il giusto peso sulle spalle.
Riferimenti bibliografici:
Karche V., I 12 insegnamenti degli alberi, Newton Compton ed., 2018
Lemke B., Piccolo manuale dello Shinrin Yoku, Macro, 2019
Monce L., Il grande libro della silvoterapia, Età dell’acquario, 2018